Eutanasia

"Morte dolce", che ha finito coll'indicare il "dare la morte ad un soggetto con prognosi infausta", anche se non è  detto che "morte rapida" sia sinonimo di "morte dignitosa": si può intendere infatti come "morte dolce" la morte vissuta con coraggio e in compagnia dei cari; il dare la morte è un atto dirompente per il corpo sociale, a differenza della sospensione delle cure inutili da cui deve essere distinta.

 

Euthanasia: "Sweet death". It is commonly used as death given to a bad prognosed subject, though sudden death is not always a synonimous of death in dignity,  that can also be the death lived bravely and along with the loved ones. Avoiding useless treatments, that linger life lingering pain is not the commonly accepted definition of euthanasia, though this can be considered respectful of life. If life is undisposable, i.e. it does not belong to the single one or to the state, giving death is always unrightful.

 

La definizione di eutanasia in 3 punti:

 

Realismo

Letteralmente vuol dire “morte dolce”; nella accezione comune vuol dire “morte provocata (al fine di evitare gravi sofferenze)”, che mal si distingue dal suicidio assistito di una persona consenziente. Nel quadro dell’eutanasia rientra la sospensione delle cure mediche salva-vita, cioè il decreto di non rianimare se sopravviene un rischio impellente per la vita o di togliere le medicine e addirittura l’idratazione e l’alimentazione. Parliamo dunque di un’eutanasia attiva e di una passiva (o omissiva).

 

La ragione

L'eutanasia preserva realmente la dignità della persona? Scopo dichiarato dell’eutanasia è duplice: evitare la sofferenza ed evitare una possibile diminuzione della dignità della persona. Ma per contrastare la sofferenza ci sono ottimi farmaci; mentre il discorso si fa più complesso per quanto riguarda la dignità: ma davvero c’è qualcosa che intacchi la dignità di una persona cioè la diminuisca realmente? Morire di vecchiaia è più dignitoso che morire di tumore? La dignità umana è un tratto intrinseco della persona, in qualunque stato sia, in qualunque età o stato di salute o socio-economico. È un falso mito dover creare delle situazioni per preservarla, dato che nulla ce la toglie, nemmeno il peggior lager o il peggior aguzzino – mentre è un obbligo morale di tutti rispettarla. È un falso mito che deriva dall’idea che essere dipendenti dagli altri, talora in modo estremo, non sia «degno dell’essere umano», che nella società postmoderna si assume avere una principale e sovrana caratteristica: l’autonomia, l’indipendenza. Tutto ciò che toglie l’autonomia è considerato oggi un attacco allo stesso status dell’essere umano che addirittura perde il titolo di «persona» quando -  bambino o embrione o malato di mente o vecchio - si trova a dipendere dagli altri. Semmai bisogna garantire in tutti i modi che la persona riceva tutte le cure, tra cui quelle palliative, cui ha diritto, e che possa vivere il fine-vita nella maniera più serena e col migliore accadimento. IL probema è far morire bene, che non significa “decidere il quando”, ma il “come”, cioè nel miglior ambiente con le migliori cure e la compagnia migliore. L’eutanasia è solo una scorciatoia per gli stati per non affrontare il problema dei veri diritti del morente.

Da che cultura nasce l’idea di scegliere dove morire? Lo slogan «decido io quando e dove morire», è un’esagerazione dettata da fini polemici: a pochissimi toccherà in sorte di trovarsi paralizzati senza poter esprimere le proprie opinioni e dunque di aver qualcun altro che sceglie l’appropriatezza dei trattamenti medici per lui. In secondo luogo, nasce da una cultura dell’autonomia, per la quale il mio valore consiste nella mia capacità di autogestirmi: cosa buona certamente, ma che non deve diminuire il valore della persona che invece ha bisogno di essere accudita anche nelle necessità più pratiche. Sospendere le cure è giusto se le cure sono insopportabili o se non sono efficaci

 

Il sentimento

Non si può parlare di eutanasia "a tavolino", supponendo che qualcuno decida a priori cosa vorrà quando starà male. Non si può neanche pensare che no ci debbano essere limiti all'intervento medico quando questo diventa troppo invasivo. Ma c'è un punto sociale da sollevare: la cura alle persone gravemente malate deve essere un obbligo statutario degli enti locali e dello Stato che devono agevolare in tutti i modi le famiglie e i singoli in questo campo. Ipocrisia è parlare contro l’eutanasia senza al contempo pretendere che la persona depressa o l’anziano non siano abbandonati dalla Società; e troppo facile è per lo Stato permettere l’eutanasia invece di prodigarsi ad aiutare chi sta male.

 

Link esterni:

Link ad articoli esterni

Eutanasia: catechismo della chiesa cattolica

 

 

Come citare questo articolo:

Bellieni C: Eutanasia. In Glossario di Bioetica. Available at the following URL: eutanasia/